Ultima modifica: 23 Giugno 2020

Emma Pirozzolo 2BS

Oggetto: Riflessione sul Coronavirus

Ho visto un’infinità di film che raccontano di epidemie causate da virus che trasformano le persone in zombie, che mostrano scenari apocalittici e che descrivono l’imminente fine del mondo. Quando ho sentito per la prima volta parlare del Coronavirus, mi sono immaginata con dei vestiti mimetici, le strisce di carboncino disegnate sotto agli occhi e la bandana legata stretta intorno alla testa, mentre, armata di tutto punto, camminavo fiera insieme agli altri sopravvissuti per le vie deserte della città, alla ricerca di una cura per salvare il mondo. Ovviamente questa era solo una fantasia, nata dalla fervida immaginazione di una ragazza che non aveva ancora idea di quanto grave si sarebbe fatta la situazione di lì a poco…

Quando ho ricevuto la proposta da parte di alcuni insegnanti di scrivere qualcosa affinchè questo importante periodo della nostra storia non fosse dimenticato, ho pensato che molto probabilmente non ci fosse modo più poetico per descrivere una così difficile situazione. E ho pensato anche che mi fosse stata data una grande opportunità: l’onore di testimoniare, di essere testimone di questi tempi maivisti, affinchè tutti possano sempre ricordare con il passare degli anni, anche quando tutto questo sarà finito.

Ieri, prima che il sole tramontasse, tutte le strade erano deserte e sulle vetrine dei negoni chiusi erano appesi cartelli sui quali campeggiavano scritte, frasi di incoraggiamento rivolte non solo ai clienti, ma a tutti gli italiani. Rimanere uniti, essere solidali gli uni con gli altri senza ostacolarci a vicenda, perchè in fondo siamo tutti sulla stessa barca: remare in direzioni diverse non ha alcun senso. E così, tra i colori del tramonto, si sentiva solo il suono malinconico di una tromba che un musicista senza identità suonava al calar del sole. Nessuno riusciva a capire da dove provenisse quella melodia, ma tutti accorrevano alle finestre delle proprie case e si affacciavano dai balconi, per lasciarsi trasportare lontano dalla realtà dalla magia della musica. È stato davvero un bel momento, che ha riportato per un istante tutti i presenti alla normalità, che a volte può sembrare noiosa, ma che in fondo è la cosa più bella di tutte. La colazione al bar, l’aperitivo, le uscite con gli amici e le ore passate anche solo a parlare seduti su una panchina: questo è quello che mi manca di più. La semplice normalità. Ma come sempre, si capisce quanto sia importante qualcosa solo dopo averla persa.

Quando la musica è finita, è stato concesso al misterioso musicista un grande applauso, prima che il sole sparisse dietro ai palazzi e che la città piombasse nel buio e nel silenzio più assordante. Solo più tardi ho scoperto che il musicista sconosciuto erano in realtà una mia vecchia amica e suo padre. Spero che un giorno possa leggere questo mio messaggio, per scoprire quanto le sia grata per quel piccolo momento perfetto.