Ultima modifica: 4 Giugno 2020

Lorena Bonfissuto 5Cs

Oggetto: Riflessione

Ho scritto parole, legate l’una all’altra, in pagine che, nonostante fossero piene di inchiostro, erano vuote. Frutto di un pensiero obbligato, automaticamente spinto a dare una risposta a richieste che esigono di essere soddisfatte. Avviene in modo “normale”, implicito, senza istruzioni. È tutto scontato, come rispondere impulsivamente a una provocazione: litigare e parlare, discutere e confrontarsi, esprimere idee diverse e arrabbiarsi. Ma avete mai pensato a quanto è bello? Quanto è bello arrabbiarsi, tenersi il muso, fare finta di non vedersi, con la consapevolezza che, appena uno dei due crollerà, si potranno entrambi abbandonare a quel rituale che li esclude da tutto ciò che li circonda? Quanto è bello parlarsi? O anche non farlo ma capirsi, o quasi, con uno sguardo?

Le parole lasciano una traccia nella storia e permettono che le persone di picciol affare possano essere ricordate, come i nomi dei grandi che il tempo non scorderà mai. Ma, a confronto, quando vale uno sguardo, lanciato come una segnale durante una discussione? Quanto una parola sussurrata, tra l’impersonificazione in un personaggio shakespeariano e un’escursione tra le montagne tedesche del Settecento? Quanto il tocco di due braccia che si sfiorano mentre si rincorre l’autobus, correndo giù dalle scale?

Forse per chi vede sguardi assorti e lontani ben poco, ma chi “sta dall’altra parte” sa. E in questo momento sa quanto sarebbe bello perdersi in mille pensieri, invece di far fatica per essere presenti e puntuali. Tuttavia, ora, tutti sanno cosa c’è in quelle persone distratte: il desiderio di scappare altrove; dire quello che, in realtà, non si può dire; fare altro da quello che, in realtà, si sa che si deve fare. Il forte sentir che li spinge a perdersi è lo stesso che ora spinge tutti verso questo desiderio di ritrovarsi.

Lorena Bonfissuto 5Cs